Contributo estratto dall’intervento di Rosario Volpi alla conferenza salesiana a Fianarantsoa

Il volontariato può essere considerato sotto vari punti di vista, ma qui ci interessa  coglierne “il valore educativo”. Quindi cercheremo di andare al cuore di questa questione.
Il volontariato è un fenomeno spontaneo che nasce spesso, da bisogni sociali non coperti da organismi pubblici. Sono davvero molte le persone, di tutte le età, che si dedicano ad accompagnare ed aiutare chi ha un bisogno. Pensiamo ad esempio ai tanti giovani che si dedicano all’animazione in oratorio, alle persone che lavorano con i disabili o che visitano gli ammalati o i carcerati…
A partire da questi esempi, mi pare che si possa individuare una prima caratteristica del “volontario”, il volontario è innanzitutto una persona che sa osservare la realtà, VEDE i bisogni e si mette al servizio.  Ma da cosa nasce il desiderio di mettersi a fianco di qualcuno? Di aiutarlo? Nasce, a mio avviso, dalla consapevolezza che noi, ciascuno di noi, ha ricevuto qualcosa, ha ricevuto in dono la vita, doniamo perché abbiamo ricevuto tanto.  Io non credo che questo sia un passaggio scontato, molte persone restano insensibili ai problemi o disagi altrui. Con il volontariato, dunque, ci si educa al dono, alla reciprocità, alla condivisione. Attraverso questo servizio volontario impariamo  la centralità della relazione, noi non lavoriamo  con problemi ma con persone. I poveri, gli anziani, gli ammalati, i disabili ecc., sono, non dimentichiamolo, prima di tutto, persone. In questa prospettiva il volontariato è innanzitutto educazione. Rappresenta un occasione preziosa per lasciarsi educare dalle persone, dalle loro storie e dalle loro esperienze, dalle situazioni e dai segni disseminati nel quotidiano. Un esperienza in cui ci si può confrontare e crescere sul piano umano e professionale. E qui entra in campo l’intenzionalità, perché si può vivere questa esperienza come passatempo, ma ciò rappresenta uno spreco di tempo e di risorse. Scrive Chiara Lubuch, “l’amore non è una questione di sentimenti ma una decisione”, allo stesso modo, potremmo dire che il volontariato non è una questione di buoni sentimenti, di fare del bene per qualcuno, ma una decisione, io e non altri, decido di condividere il mio tempo, i miei talenti, le mie attitudini umane e relazionali, le mie competenze professionali con qualcuno che ne ha bisogno, decido di stare insieme a lui/lei per sostenerlo in un momento di difficoltà, senza aspettarmi, niente, proprio niente in cambio.
E qui arriviamo ad un’altra caratteristica del volontariato, la gratuità. Il volontario opera appunto in modo libero e gratuito, ogni sua azione infatti, è volta a promuovere sviluppo e benessere, ci si avvicina agli altri e in un certo senso anche a se stessi, ma in una logica del dono, senza aspettarsi una ricompensa, ne in termini di soldi, ne in complimenti.
Quando un giovane da del proprio tempo agli altri, mette a disposizione se stesso, fa una doppia esperienza, mentre si mobilita in favore del bisogno di qualcuno, scopre in realtà, che è lui il primo beneficiario di questa azione.  Mentre aiuta l’altro in realtà, sta arricchendo la sua esistenza di uomo o donna e della comunità in cui vive.
Questo sforzo attivo e gratuito, fa del volontariato un esperienza di solidarietà con l’uomo in difficoltà, abbandonato, indifeso, solo, povero, malato, carcerato,.. e la solidarietà, hanno scritto Giovanni Paolo II e Benedetto XVI “La solidarietà è anzitutto sentirsi tutti responsabili di tutti ” (cfr Lettera Enciclica Caritas in Veritate n° 38). In questa prospettiva, nessun uomo o donna, può restare indifferente e inerte davanti ad altri uomini e donne che soffrono. Il volontariato educa proprio alla responsabilità e all’impegno.
In questo senso allora, il volontariato non può essere una questione geografica, non può essere appannaggio dei soli paesi ricchi, dei paesi che hanno tempo, denaro e risorse da poter “sprecare”, ma è un patrimonio di tutti, anche dei paesi meno sviluppati, dei paesi più poveri. Io non ho niente, non posso offrirti del denaro, non posso darti…ma ho ricevuto la vita e con essa il tempo, la mia umanità e professionalità e la metto a disposizione tua.
Qui in Madagascar, nella nostra comunità, così come in tutte le comunità Exodus del mondo, abbiamo privilegiato quattro strumenti educativi: il lavoro, lo sport, la musica ed infine proprio il volontariato. Inserire quest’ultimo nel progetto educativo, rappresenta per noi, per i nostri giovani, l’opportunità di non chiudersi nelle proprie storie difficili (fatte di abbandoni, di vita in strada, di privazione affettiva…) ma di aprirsi, di vedere oltre il proprio dolore, di mettersi a servizio di qualcuno che sta peggio di noi.  L’esperienza di volontariato da la possibilità ai nostri giovani di ri-scoprirsi capaci di amare, e far felice chi ci sta accanto.  In questa condivisione, il giovane comprende che al mondo non ci sono solo io con le mie sofferenze, paure, fragilità, ma che molti altri, come me, vivono un esistenza difficile e scopre che proprio lui, può essere motivo di felicità per altri.
I nostri giovani, in questi anni, hanno fatto esperienze di volontariato in molte strutture della città di Fianarantsoa, e questo rappresenta per noi educatori, un piccolo seme per questa nostra realtà cittadina, un piccolo seme di speranza per una gioventù che ci auguriamo, possa rendere migliore la propria vita e la vita di questo quartiere e di questa città.

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