di Gabriella Ballarini
C’è un istante, un’immagine precisa che ricordo.
Era il secondo giorno di Campus “Bottega delle Parole, scrivere dappertutto”, ognuno era intento nella stesura del proprio racconto e io mi sono messa a piangere: perché?
La Bottega delle Parole è un percorso pensato circa 10 anni fa (all’inizio si chiamava La scrittura nella pratica educativa) per gruppi di educatrici ed educatori che avessero voglia di approfondire il tema della scrittura nel loro lavoro e come strumento di crescita personale.
Insomma, un percorso come tanti, un fine settimana intensivo che poi è diventato percorso serale in presenza, che poi è diventato percorso online e poi è diventato anche Quaderni Fantastici, un affondo creativo che si fa metodo e narrazione.
Dicevamo.
Questo percorso nasce per gli adulti, per prendersi del tempo, nasce e cresce e segue la mia vita, le mie passioni, i miei desideri, un percorso che diventa il mio modo di ritagliarmi uno spazio e farlo diventare grotta, nascondiglio, disvelamento, sperimentazione, tutto quello che vi pare.
Un giorno, ormai tre anni fa, decido di proporlo agli adolescenti, decido di farlo uscire dal guscio dei grandi e farlo entrare nello scrigno segreto dei piccoli.
Mi dissero che era un’idea ambiziosa far stare in aula 15 adolescenti per 4 ore al giorno, per 5 giorni, ma io sono così, ci ho provato lo stesso.
E ad un certo punto mi sono commossa, era come se i tre anni e i 6 percorsi meravigliosi organizzati fino ad oggi, mi fossero arrivati addosso come fa l’onda quanto tu te ne stai tranquilla a riva e non ti avvisa.
Ho guardato i quaderni che prendevano vita, i ricordi di un’esistenza intera che diventavano immagini, racconti, post-it, silenzio profondissimo e non sapevo che così tanta bellezza potesse stare in un punto della mia città, in un viaggio senza passaporto come quello che ho deciso di vivere negli ultimi anni, non potevo immaginarmi di voler bene ad uno spazio in un modo così incontenibile.
Si può voler bene a tutto, anche alle cose invisibili e vorrei che ce lo ricordassimo al prossimo viaggio in cui non saremo in grado di vedere, mi piacerebbe che ognuno potesse vivere quell’istante di verità che ho avuto il privilegio di testimoniare. Lì c’era tutto: l’avventura, i piedi scalzi, la terra rossa, c’ero io, ma soprattutto c’erano le storie, tutte le storie inascoltate, tutte quelle storie che nessuno ci ha mai chiesto di raccontare e all’improvviso, eccole lì.
C’è un istante, un’immagine precisa che ricordo: ci sono io e ci siete voi e il viaggio che non avevo immaginato di fare.
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