Caro educatore senza frontiere,

manca poco e ci incontreremo di nuovo, tu che sei me e io che sono te.

Noi, che confondendoci in un senzafrontiere, a volte, ci dimentichiamo chi siamo.

Noi, che ci mettiamo in cerchio e non facciamo circolare le idee, per paura, per pudore, perché le parole, quando le metti in mezzo, diventano di tutti.

Ti scrivo in questa sera di tiepido inverno, che gli alberi, quelli che vedo dalla mia finestra, stasera fanno disegni ed io mi metto ad ascoltare la musica di un tizio del quale tutti parlano in questi giorni, te la metto qui, così magari l’ascolti anche tu: https://www.youtube.com/watch?v=AHe6AzhRa3o

Una musica capace di portarmi con i piedi per aria e che mi chiede di guardarmi attorno. Cosa c’è attorno a me?

Ci sono tanti segni, segni di tutto quello che sto pensando, ci sono i libri, le poesie, ci sono i fogli per preparare l’incontro di sabato e quello di domenica. Mi consolo attendendoti e sogno i posti in cui andrai a planare. Li sogno con questi tasti di pianoforte che picchiano e che sfiorano, dita sui tasti le mie e quelle del pianista, ma io faccio solo rumore, lui fa la musica.

Ecco, questo ti auguro, ti auguro di accettare che a volte, faremo solo rumore e non ci sembrerà per nulla una musica.

Caro te che sei me e siamo noi e ci confondiamo uno con l’altra, una con l’altro. Non scappare dalla tua immagine riflessa, proprio quella lì, quella che non ti piace. Ti ho letto in questi mesi (troppi) che mi hanno vista lontana da te (da voi), ho letto dei tuoi timori e dei tuoi pensieri trasformati in compiti. Vorrei, che le tue passeggiate tra le parole, tali fossero, che non si trasformassero in tormenti, ma dimmelo, come faccio io a fartelo capire? Come faccio a farti capire che non devi essere perfetto, né perfetta, né ideale, né sempre sul pezzo.

Vorrei che tu fossi tu e che non impazzissi all’idea di non riuscire a darti un nome, sii costruttivo e non smontarti ogni tre frasi.

Ti scrivo,

vorrei dirti,

perché proprio non ne posso fare a meno

e vorrei anche aggiungere che io,

senza te, non vado da nessuna parte,

chè non posso pensare di perderti,

perché altrimenti perdo anche me.

Questa cosa di Educatori senza Frontiere, se la guardi da lì, da quel tuo schermo di computer, è proprio gigante, abbraccia il mondo intero, ma non è una di quelle cose da rincorrere, è un progetto da costruire, una casa da abitare. Che bello apparecchiare la tavola per il tuo arrivo, che bello adesso che ci penso, che le luci fuori si abbassano, la musica si alza ed io scrivo a te, se questo filo c’è, è soprattutto perché ci sei tu.

Allora io ti aspetto qui, stasera vado a letto presto, perché ci saranno tante mani da stringere e Giorgia che ci farà anche volare, sai? Poi arriverà Cristina che ci prenderà un po’ per mano e anche il don, che ci farà girare la testa.

Esco un attimo da qui e vado ad appiccicare i nomi alle porte,

così domani sarà già tutto pronto e per fortuna l’attesa,

per bella che è stata,

per fortuna, dico,

che è finita.

A presto, G.

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