Scritto da Elisa Penna

“ Chi siete, da dove venite, ditelo con un’immagine e poi donatela a chi volete con un filo.”

Come faccio a dire chi sono con una sola immagine?

La fatica è un dire, prima a te e poi agli altri, da dove vieni, è scegliere l’immagine per dirti, scegliere cosa dire e cosa non dire.

“Dite dove volete andare, verso quale luogo, incontro, immagine e ridetelo con un filo”

La fatica è scegliere dove andare. Vorresti andare da tutti, dappertutto ma devi decidere. Puoi intrecciare il tuo filo con diecimila fili ma alla fine devi scegliere: “lì, voglio andare lì!”

E mentre tutti questi fili, tutte queste immagini si incontrano, mentre tutte queste persone si raccontano, tu sei lì fermo. Stai incontrando tanti luoghi eppure sei lì fermo, a sorreggere fili.

La fatica è un pazientare sorreggendo fili. Fili tesi e ben tenuti perché se molli la presa qualcosa si sfila. La fatica è sentire il peso della ragnatela tutta.

“ Raccontate il viaggio di oggi, nel venire qui.”; “scegliete, tra tutte le vostre frasi, solo alcune frasi” e infine: “suddivisi in gruppi, rappresentate un’azione ”

La fatica è scegliere, è taglio e coordinazione ma, anche ascolto del movimento dell’altro.

La fatica la senti quando, dopo aver fatto fatica, ti chiedono di fermarti e di rifare  il tuo movimento, la tua azione condivisa e di farla con gesti grandi.

Ma non erano già abbastanza grandi?

Allora, ti sforzi, ti concentri sul movimento e scopri che sei in grado di farli ancora più grandi.

La fatica è tenersi tutti uniti e, nello stesso tempo, tendersi verso l’esterno sempre con un “ gesto ampio”, sentendo  che se molli la presa l’equilibrio viene meno.

La fatica è bellezza perché quando la fai, quando anche gli altri la fanno dici: “però!.. così è più bello!”

La fatica del procedere, del non sapere cosa ti aspetta, la fatica che alla fine è leggera. Solo alla fine però.

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