di Veronica Castellani

E per te caro D., cos’è stata questa isola?
Raccontami ancora…più di quanto abbiano già fatto i tuoi occhi da bambino e le tue spalle da uomo. Lascia su quest’isola la necessità di raccontare il male che hai combattuto in questi quindici anni e che, forse, dovrai combattere ancora.

Grazie per esserti aperto, per avermi fatto capire ancora una volta quanto crudele possa essere la vita di chi cammina al nostro fianco, quanto piccoli siamo di fronte al dolore.
Ma sappi, caro D., che in quest’isola si rinasce.
Qui dove il sole sorge ed inizia a picchiare forte sulle tende e ti costringe ad alzarti anche se vorresti ancora riposare, qui dove suona la campana e scandisce le ore, la colazione, il pranzo, la cena…quando suona si corre a tavola, nessuno deve arrivare ultimo. Qui dove nessuno è più di qualcun altro e nessuno ha più di qualcun altro. In questo posto si è uguali e allo stesso tempo incredibilmente diversi.

Si rinasce sotto gli occhi dei compagni, di quelli che diventano fratelli e che ti tengono per mano sempre, quando cadi ti aiutano a rialzarti e quando sei in piedi ti aiutano a non cadere.

Li hai visti anche tu i loro sorrisi ed i loro occhi lucenti? Sono il frutto di questa isola, di questo posto chiamato Mammoletta, di questo sole cocente e del mare profondo. Anche i tuoi occhi si confondevano con i loro…quando sei entrato in acqua, ed hai imparato a nuotare, quando sei salito in barca e volevi continuare a tuffarti all’infinito come per mostrare a questa vita che i tuoi quindici anni e la tua tremenda voglia di vivere avrebbero vinto su tutto il dolore.

Ti ho visto agitato ed emozionato quando ti hanno dato il compito di guidare le vele, paura di non essere in grado di farlo e stupore nel riuscirci.

Ricordati di quest’isola D., come il posto che ti protegge e ti rende libero, che ti asciuga le lacrime e te le fa versare, che ti fa soffrire e rinascere. Ricordati di quest’isola come di un posto che fa stare bene.

Grazie D. per averci accompagnate al porto dove un traghetto qualunque ci attendeva per riportarci stanche ed emozionate alle nostre vite, al rumore della quotidianità che da oggi sarà un po’ diversa e forse migliore quando penseremo a te, a voi, a questo posto, allo stare a tavola in trenta e non essere mai abbastanza, ai giorni passati in barca a vela, lontani da tutti e da tutto e sentirsi comunque al completo, senza aver bisogno di nulla.

Chi passa per la Mammoletta torna inevitabilmente migliore, nessuno escluso.

Ed io ho paura, paura che questi ricordi possano svanire un giorno, voglio conservarli intatti, tali da poterli rivivere sempre, non voglio dimenticare nemmeno uno sguardo, un sorriso, un abbraccio, una lacrima, niente.

Voglio portarmi quel cerchio sempre con me, e tutto quello che si è creato all’interno, voglio intrecciarmi per sempre con la strada che porta alla Mammoletta.

 

˝A volte un’isola è la cura del tempo,
 A volte un’isola è solo isolamento˝

Ho una tremenda voglia di vivere.
Grazie per avermi regalato la possibilità di diventare una persona migliore di quella che sono.

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