di Laura Dellagiacoma

Sono passati pochi giorni dal mio rientro, ma i contrasti sono così evidenti che le distanze si allungano, si moltiplicano nel tempo e nei km… la nostalgia mi rincorre, ha iniziato a farsi sentire ancor prima della partenza, adesso, però, deve fare i conti con gli impegni qui.
Il rischio di entrare subito nel ritmo frenetico è forte: gli incontri, gli impegni, le decisioni, le richieste, le speranze, il futuro… ma voglio tenermi ancora fuori per un po’.
Voglio poter rientrare nella mia vita qui con un po’ di Madagascar nei modi e nei pensieri, non soltanto nei ricordi! Voglio vincere così la nostalgia: cercando di far vivere qui ciò che lì mi ha riempito gli occhi e il cuore di meraviglia. Voglio dare un ulteriore senso al mio viaggio, facendo scorrere qui un po’ della vita che pulsa lì.
Voglio iniziare da una cosa che resta sullo sfondo…che sembra impercettibile, ma che conta tutto quello che sulle dita non si può contare: il tempo. Non è una questione di quantità, ma di qualità.

Lì, dove le case e gli edifici non impediscono di vedere il cielo, non importa quanta polvere si è alzata dalla strada, quanti carri, piedi o zoccoli la hanno attraversata…carro più o carro meno, si sa che il tempo scorre lo stesso e la vita pure. Scorrono le nuvole in cielo e scorrono gli anni sulla pelle, delle persone, degli animali…
E lo si vede anche dal cielo: le nuvole vanno e vengono, la luce si riflette, colora di ombra e di sole, accende ora il rosso, ora il verde della terra… ma soltanto fino alle sei. Dopodiché, quello che è stato è stato, tutto si addormenta nel buio della notte e tace fino a che il sole non risorge di nuovo.
Questo lo sanno bene le persone che abitano quella terra e quel cielo e scorrono anche loro col tempo, nel tempo. Non è una questione di quantità, ma di qualità.

Ognuno fa quello che gli tocca: se c’è da fare, si fa – chi fa un vaso, chi raccoglie il riso, chi lava i vestiti… e se c’è da stare, si sta – c’è chi guarda e c’è chi aspetta.
Non è una questione di quantità…
io ho fatto un vaso, piccolo e brutto, mentre la donna di fronte a me ne ha fatti tre, lisci ed eleganti. E lo stesso vale per il riso, per i vestiti…
e per quanto riguardo lo ‘stare’… Stare come? Stare quanto? E soprattutto, stare a fare cosa!
Stare a guardare: a me quasi girava la testa, per la voglia e la frenesia di vedere tutto e tutti! cosa porta quell’uomo nel cestello? Ma è una gallina quella che ha sotto il braccio? Chissà quanto pesano mattoni che quella ragazza sorregge sulla testa!
Stare ad aspettare: nessuno osi dirmi di aspettare! Aspettare cosa? Chi? Perché? E soprattutto, per quanto?
E’ una questione di qualità: le persone che abitano quella terra e quel cielo sanno semplicemente stare.
Semplicemente stare, nel tempo che scorre e nel cielo che si colora, ora di pioggia, ora di luce.
A nulla portano i tentativi di organizzarsi e controllare tutto…
Stare semplicemente, nella polvere della strada che si alza e poi si adagia poco più in là.
Ti sporca i vestiti, ti appanna gli occhiali… puoi sistemarti, se vuoi, una, due, cento volte, poi capisci.
Stare semplicemente, nello sguardo e nel saluto di chi passa e se ne va.
Non c’è posto per chi ha il bisogno e l’arroganza di durare di più.
Stare semplicemente, mentre si porta avanti il lavoro,
oggi quello di oggi e domani quello che sarà, perché la notte è già arrivata e il sole tornerà.
Stare semplicemente, negli occhi attenti e complici di quella ragazza,
che domani sarà donna e sarà madre, sarà amore, senza essersi chiesta se è capace o se ne è pronta.
Stare semplicemente, nell’abbraccio e nel sorriso di quel bambino,
che domani sarà uomo e forse muratore, e la sua vita varrà quanto la tua, che ti affanni chiedendoti chi sei e continui a farlo da anni…
Non è una questione di quantità, è una questione di qualità:
a noi non manca il tempo, ma la capacità di viverlo, di semplicemente stare.
Qui, dove le case e gli edifici impediscono di vedere il cielo, sembra che il tempo corra, corra sempre, con noi appresso.
Sembra che il sole non tramonti se il lavoro non è finito, e sembra non risorga se qualcuno guarda il cielo, invece che il pc.
Sembra non ci sia posto né tempo né spazio, se tocca stare ad aspettare, che sia per qualcosa o per qualcuno.
Ma sembra, tutto sembra… sembra che così debba essere, così debba andare.
Ti sembra sia così, almeno finché non arrivi lì, dove il cielo ti attraversa e ti fa scorrere nel tempo…
e allora scopri che non è così che deve andare. Che il nostro è solo un modo, uno dei tanti.
Ce ne sono molti altri, da cui forse vale la pena imparare.
Non è una questione di quantità. E’ una questione di qualità.
E io voglio semplicemente stare,
con la gente e le persone che insieme, scorrendo nel tempo, ricollegano la terra al cielo.

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