Un racconto di polvere e parole.

Scritto da Elisa Guidotti

Riberalta. A nord della Bolivia, la Bolivia amazzonica. Quella delle strade rosse, lunghe, piene di polvere. Strade che sai a che ora cominciano, ma non quando arrivano a destinazione.

Strade che ti regalano scorci emozionanti, con tramonti che tolgono il fiato e ti fanno sognare. Strade che però ti fanno incontrare l’imprevisto, senza avvertirti che qualcosa sta cambiando. Una macchina ferma con la ruota bucata, una moto che non riesce a portare a casa due ragazzi perché c’è troppa polvere, che sembra nebbia. Di notte, senza luci.

Non si vede niente. Si può solo aspettare o essere impavidi e affrontare quello che si presenta davanti.

Riberalta, Bolivia, dicevo. È il mio secondo viaggio sulle stesse strade. Che però, quest’anno, hanno un sapore diverso.

Prima della partenza potevo immaginare come sarebbe stato, chi avremmo incontrato.

Zaino preparato con sicurezza e curiosità di tornare.

Venticinque, trenta ore di viaggio e tre aerei per ritrovarmi nella terra dalle strade rosse. Trenta ore di viaggio per capire che non sarebbe stato il viaggio del “ritorno”, ma della “meravigliosa scoperta”.

Persone conosciute, volti sorridenti che ti abbracciano e ti ri-accolgono nel loro mondo. Con un sapore diverso, però.

Gli incontri con le persone non sono mai banali. Non si può dare per scontato qualcuno.

Stiamo lavorando nelle scuole con ragazzi e professori sopra il tema del corpo. Il corpo inteso non solo come macchina a volte perfetta, altre meno, fatta di muscoli e ossa e organi. Ma corpo nella sua totalità, con i suoi sentimenti e le sue emozioni che riempiono il cuore.

Corpo come pensieri, ricordi e domande che riempiono la testa.

I ragazzi, adolescenti, nelle scuole fanno fatica a dirci e dirsi quali sono i sentimenti che provano. Le classi sono formate da quaranta persone, e ciascun ragazzo cerca il proprio posto nel mondo, il suo luogo dove essere felice.

Sembra che questa ricerca della felicità si debba scontrare ogni giorno con la realtà della vita quotidiana e famigliare.

Famiglie grandissime, con tanti fratelli e sorelle dove però, molto spesso manca un genitore. Un adulto che ha deciso di lasciare il suo posto, delegando il figlio a crescersi da solo e ad affrontare, a mordere, la propria vita senza una guida accanto.

In un periodo della vita come quello dell’adolescenza, già di per sé difficile e complicato, dover affrontare da solo mille paure può sembrare devastante.

E lo è, per alcuni ragazzi. Non avere un punto di riferimento stabile o, magari, non in grado di sostenerli, li fa optare per delle scelte veloci, senza pensare molto alle conseguenze.

E allora, attraverso gli incontri che facciamo, ci regaliamo quel tempo di cui abbiamo bisogno per raccontarsi la verità. Per dire che sì, ce la possiamo fare a raggiungere i nostri sogni. A far diventare realtà quello che abbiamo sempre desiderato.

A trovare il nostro posto nel mondo.

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