Scritto da Lorenzo Bertoni

Non è facile pensare di scrivere qualcosa su un’esperienza che ancora si sta vivendo. Riuscire a coniugare la voglia di fare e “spaccare il mondo” alla necessità di  fermarsi a riflettere, è n’operazione molto complessa. Per questo motivo ho scelto di parlare proprio della capacità di fermarsi. Forse perché è un mio limite caratteriale anche nella quotidianità e a maggior ragione lo sento ancora di più mio, ora che sono lontano da quella routin che tanto mi protegge. E’ bello prendersi dei momenti tutti per sé ma allo stesso tempo è difficile mettere in pratica questo proposito. Dei momenti per riflettere sul senso profondo e sul significato di quello che si sta facendo, facendosi comunque coinvolgere ma non assorbire dalla frenesia delle giornate che scorrono tanto veloci quanto cariche di emozioni sempre diverse.

Fermarsi per comprendere che quei volti che in questi giorni incrociamo sulla nostra strada, a piedi o a bordo di una macchina coi vetri oscurati: tutti hanno una storia da raccontare che non può essere banalizzata ma nemmeno compresa fino in fondo. Fermarsi per comprendere che il destino di molti ragazzi, se non ci fosse questa grande CASA immersa nella giungla, sarebbe quello di entrare in una banda o quello di raccattare spazzatura per poche Lempiras e potersi drogare di nuovo.

Fermarsi per giungere alla conclusione, e questa forse è la cosa che fa più male, che moltissima gente che vedremo anche solo di sfuggita è destinata a vivere in una condizione di precarietà per il resto dell’esistenza e capire questo fa veramente male. Fermarsi, per capire che quello che ci stiamo accingendo a fare, non è semplicemente consentire di passare un paio d’ore in allegria ad un gruppo di bambini, ma è dare una speranza a chi è invisibile agli occhi del mondo, consapevoli che con impegno e amore, ogni barriera e ogni pregiudizio possono essere abbattuti. Basta guardare il mondo con gli occhi di un bambino che non comprende fino in fondo chi si trova davanti ma ha solo voglia di ridere e conoscere. Fermarsi, per capire che questo popolo nonostante la miseria, la violenza e le enormi disuguaglianze sociali continua a mantenere uno spirito di accoglienza e una propensione all’allegria difficilmente spiegabile non solo a voi ma anche a me stesso. Fermarsi per pensare che molte delle cose a cui si dava importanza, in fondo, non ne hanno così tanta e che troppo spesso ci si rifugia in porti sicuri e luoghi comuni per paura di sbagliare.

Fermarsi per capire che questo mese potrebbe cambiarci dentro, anche se questo può fare paura. Fermarsi per capire che solo fermandoci, potremmo capire fino in fondo il senso del viaggio e dell’azione educativa. Capire per fermarsi, fermarsi per capire!

 

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