Scritto da Gabriella Ballarini

Andrea non conosce il suo compleanno. Monica sussurra a Diana che la mamma di Andrea, stamattina, non le ha fatto gli auguri e che Andrea non lo sapeva che oggi era la sua festa.

Andrea è una bambina vivace che ti saluta con dei piccoli baci sulle guance e a volte non centra bene la guancia e ti prende l’orecchio o uno zigomo. Andrea ti abbraccia e vuole sempre le tua attenzioni. Si tira su gli occhiali con l’indice della mano destra e forse è raffreddata, ma la cosa più importante è che non conosce il giorno in cui è nata.

Siamo a Panciu, Romania. Educatori senza frontiere lavora in questa piccola cittadina da un paio d’anni. I bambini vengono accolti al centro educativo Pinocchio ogni giorno, Andrea è una di loro.

Osservo Andrea tutto il giorno, in questo giorno per lei speciale, guardo le educatrici nascondere il regalo per lei per poi farle una sorpresa e immagino cosa significhi svegliarsi in un giorno qualunque e scoprire poi….

Esf è arrivata a Panciu anche quest’anno per organizzare un corso intensivo di formazione con le educatrici e tutte le persone che lavorano al centro, una settimana di aula e lavoro condiviso.

Il corso ha come obiettivo l’incontro, fulcro imprescindibile del lavoro educativo. L’incontro che attraversa e sconvolge, che cambia i punti di riferimento, che sprigiona la voglia di esistere come sostantivo plurale, come aggettivo qualificante.

La professione educativa richiede tempi e silenzi che il cuore, a volte, non riesce a contemplare, richiede Insieme, trasparenza, Parola autentica.

I giorni trascorsi al centro sono volati via come i petali del fiore maturo travolti dal vento, i colori delle mani, le tracce lasciate, i pensieri, le carte che raccontavano la fine della giornata.

Ogni parola detta si è appoggiata a noi come raramente succede.

I temi importanti che sono stati trattati durante le aule, ci hanno costretti a fermarci sul serio.

Nel giardino della nostra vita, abbiamo interrogato il ricordo, il sogno e il futuro, per dirci pronti a ripartire.

Nei pomeriggi abbiamo giocato, ci siamo presi per mano, in quel recinto di vite passate che hanno lasciato segni indimenticabili.

Quando si torna a Panciu, la prima cosa è il ricordo.

Ti ricordi Alessandro? Ti ricordi i clown? Ti ricordi Benni? Ti ricordi?

Anche su quello abbiamo lavorato con gli educatori e le educatrici, abbiamo riallineato i ricordi, giocato all’amico segreto e abbiamo costruito una maschera, che poi ha parlato, oppure è rimasta muta e ferma immobile.

Abbiamo fermato il tempo e ci siamo presi lo spazio per ascoltare gli altri, osservarli, lavorare insieme.

Cinque giorni possono sembrarci così pochi, ma solo perché sbagliamo i calcoli.

Quanto vale un’ora, se quell’ora me la ricorderò per sempre?

Quanto vale uno sguardo, se lo riconoscerò ad occhi chiusi?

Quanto vale un incontro, che mi cambierà la vita?

La mattina del sabato abbiamo chiuso gli zaini e  spazzato il pavimento della stanza.

Abbiamo camminato di fronte alla discoteca abbandonata giù per la strada con i fiori.

Ci siamo fermati ad abbracciare le compagne di casa, per congedarci.

Abbiamo spento il volume della voce, aperto gli occhi, ed erano praterie.

 

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