Scritto da Giuseppe Vico

Se un ESF si forma viaggiando nella sua mente e nel suo cuore può arricchire la sua spiritualità di contenuti imprescindibili. È la carica spirituale personale e di gruppo la carta vincente per vivere tra miserie e povertà e alla ricerca di non pochi talenti da scoprire e da valorizzare. Senza questa personalizzazione della formazione arduo sarebbe riscoprire solo in terra di missione nodi e snodi di quell’ancora vago sentire che tra noi e lontani dal coinvolgimento percepiamo come “educazione”.  Ma, è poi proprio vero che si parte per terre lontane? O si gira e si rigira per città, paesi, culture, incontri di ogni sorta sempre con quel benedetto fardello che necessita di essere messe alla prova dei fatti e di quella <<opposizione polare>>, senza la quale il volere educare non è altro che un vago sapere  intorno a una non chiara motivazione: partire con le idee chiare e disporre di qualche ricetta per dire la nostra nell’erranza educativa in terre lontane. Partiamo spesso con scarsa preparazione pedagogica e con visioni nebulose, romantiche e affrettatamente messe insieme da persone che, in genere, non hanno mai letto quasi nulla di pedagogia e di altre scienze vicine alle problematiche educative. L’ “educativo”, poi, dovrebbe essere l’oggetto primario della riflessione per chi sta a Milano o al suo paese e per chi parte e non riesce a capacitarsi della difficoltà di aggirarsi tra povertà vissute come “cose” alquanto misteriose ma sempre incalzanti quel desiderio di educazione che noi riteniamo essere la forma imprescindibile dello sviluppo individuale sociale. Ci accorgiamo un po’ in ritardo che la forma è quasi sempre anche sostanza dalla quale ripartire per il riscatto umano. Il discorso sembra difficile, complesso ma, a dire il vero, è la presa di posizione un po’ piatta che anche gli ESF avvertono in loro e addirittura prevengono in ordine all’incontro con quella prossimità che indurrà a rivedere non poco della carica inziale. Sintetizziamo un po’: arrivare tra altre genti e mettersi alla prova può risvegliare in noi il problema dell’uomo come essere educabile e quello di una filosofia dell’educazione. Tutti, in grande o in piccolo, abbiamo o dovremmo disporre di una nostra filosofia dell’educazione, alla luce della quale rimetterci un po’ in sesto e cogliere i vari problemi con l’intenzionalità rivolta alla promozione reciproca e alla personalizzazione di ciò che si fa tenendo nel dovuto conto caratteristiche ambientali e livelli di percezione dell’equità e della giustizia. “Cose essenziali” dalle quali partire e alle quali ritornare spesso con nostalgia dell’educazione: per attenuare almeno un po’ quella sofferenza del ritorno all’essenziale che risveglia coscienze, ripropone obiettivi e fini rinnova la motivazione per il domani. A me è successo spesso di atterrare con l’aereo in Kenya, Erthiopia, Madagascar e Cile e di accorgermi, mentre scendevo la scaletta dell’aereo e avvertivo la globalità di quello che mi attendeva, di trovarmi di fronte ad una “questione” dotata di una sua verità e di una sua bellezza. Mi ero preparato su argomenti un po’ specifici mentre da uno scalino all’altro mi si presentava il problema dell’educazione dell’uomo. Ne parlavo ma preferivo cuocermi quel cibo prelibato a fuoco lento e senza tante spezie e contorni. Era bello, anche se un po’ inquietante, prendere atto che proprio da quella scaletta mi si presentava il problema della educabilità, della fragilità e della vulnerabilità della persona. E qualcuno mi diceva: <<Vedrai i bambini!>>. Proprio i bambini e i ragazzi ci attendevano e con loro avremmo dovuto spenderci un po’ per capire, per camminare e per giocarci come in una partita a scacchi senza la pretesa di scrivere poemi epici o di scardinare chissà che cosa. Occorre forse amare un denominatore comune: povertà, talenti inespressi o soffocati, solidarietà a sprazzi, giustizia ed equità come realtà lontane e ormai quasi scomparse dagli universi simbolici. In breve: ci sentiamo persone tra altre persone, ESF messi alla prova più delicata: quella di trovare o di riportare in luce quella nostra riserva di <<parole>> attraverso le quali dalla nostra profondità spirituale emergono parole sempre più chiare ed incisive che si radicano, trascendendola, nella realtà di ogni giorno.

 

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