Scritto da Bianca Scattolin

Durante uno dei primi incontri ESF a cui ho partecipato ci è stata detta questa frase: l’educatore deve “essere educabile” egli stesso per primo. Deve quindi essere capace di “farsi educare dal contesto” con cui entra in contatto. Come? Mettendosi in ascolto di ciò che c’è intorno a lui.

Io ho sempre creduto fermamente in questa visione dell’essere educatore, infatti il nostro sguardo-sul-mondo porta con sé un proprio modello, un proprio modo-di-vedere-le-cose. E proprio l’educatore deve riuscire ad essere il primo capace di “trasformare” il proprio sguardo sul mondo, depurandolo dal proprio paradigma, dalle proprie categorie e categorizzazioni mentali.

Mai più di adesso credo che questa mia convinzione sia giusta.

Arrivata in Madagascar, da ormai tre mesi, ho imparato e sto imparando cosa significa “mettersi in ascolto di ciò che mi circonda”, pormi delle domande a cui trovare risposta solo grazie al tempo, all’attesa ed alla lunga osservazione di una terra e di un popolo così “diverso” da me.

Mai più di adesso mi rendo conto di quanto si possa imparare mettendosi in ascolto della natura, per vivere allo stesso suo ritmo, ciò da cui siamo nati.

Mai più di adesso provo a riposizionare il mio orologio biologico ed interno imparando a vivere senza inutili ansie, educandomi alla tranquillità del Cuore, del Corpo e soprattutto del Cervello. Come ci disse Don Antonio al Cammino quest’anno: “..o siamo sempre interi o non lo siamo mai.” Ciò che pensiamo attraverso il Cervello, ciò che sentiamo attraverso il Cuore, ciò che siamo e facciamo attraverso il Corpo.

Mai come adesso capisco quanto importante e vera sia la forza che c’è nella condivisone, nella relazione; quante cose pensavo infatti di sapere sul modo “giusto” in cui stare insieme agli altri, quanto sto imparando invece qui da questi ragazzi, dal “loro” modo di stare insieme. “Per essere felici bisogna anche imparare ad essere tristi con le persone tristi”, una frase detta durante la Parola fatta al Cammino di fine novembre qui ad Ambalakilonga e che mi ha spiazzato, perché mi ha permesso di riflettere: stare con gli altri significa accompagnarli, sorreggerli, senza mai credere di avere la “giusta medicina”, ma semplicemente stando nel Loro tempo.

Credo quindi che pensare razionalmente significa pensare auto-criticamente, creando e distruggendo il proprio punto di vista tutte le volte in cui ci si trova dinanzi a qualcosa che non si conosce.

Io cerco allora giornalmente di Educare il mio Corpo, il mio Cuore ed il mio Cervello, sperando di seguire il giusto Cammino.

 

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