Scritto da Federica Vairelli

Mi guardo indietro, a un mese fa, a quando sono arrivata qui a Fianarantsoa, in Madagascar. Vorrei provare a tornare con il pensiero a quei giorni, in cui tutto era nuovo, ignoto. Vorrei provare a farlo, così da riviverlo e lasciarlo imprimere nella memoria.

Il tempo scorreva lentamente, l e giornate passavano tra il programmare un laboratorio e il fare animazione ai bambini di strada. I ritmi erano serrati, le cose da fare erano molte, diverse e molto interessanti. Eravamo contente di fare tanto, di essere utili per qualcosa di importante, non volevamo lasciare indietro niente.

Le nostre gambe trepidavano, i nostri cuori erano pronti a accogliere tutte le emozioni possibili, i nostri occhi avevano una gran voglia di emozionarsi e allo stesso tempo le nostre teste volevano conoscere e capire una realtà così lontana da noi.

Credevo che non mi sarei mai abituata alla povertà che mi circondava, all’abbandono e alla carenza di affetto dei bambini, al mio sentirmi fuori luogo. Ero molto presa dal fuori, mi sembrava più importante affrontarlo subito per adattarmi più velocemente, affinché nulla mi cogliesse impreparata. Tralasciavo la comunità che mi ospitava, il clima era disteso, si respira fin da subito un’aria di famiglia, un calore di casa , i ragazzi qui stanno bene, non sembra abbiano bisogno di te.

Era difficile entrare in contatto con loro, perché sono adolescenti, perché sono quasi miei coetanei, non volevo entrare nella loro vita all’improvviso, facendo rumore. Volevo restare in punta di piedi, quasi scomparire, li osservavo in silenzio cercando di conoscerli, ma mi sentivo un ospite di troppo, in una posizione un po’ scomoda.

Poi qualcosa è cambiato, all’improvviso, da un giorno a un altro mi sono resa conto che tutto non era più indefinito e sfuocato, ma aveva un contorno nuovo, un posto diverso. I lori sguardi smorzati sono diventati una stretta di mano forte, i loro sorrisi non sembrano più di circostanza e mi cercano nella folla, un saluto lontano è diventato un abbraccio. Il silenzio che prima mi allontanava, adesso mi unisce, osservarli cantare ora è ballare insieme.

Tutto qui è a prova di pazienza, il tempo è stato un mio alleato, mi ha preparata al cambiamento, come fa l’acqua quando incontra un ostacolo. Adesso manca poco al mio rientro e sento che questo cambiamento non è avvenuto solo fuori, sono stata travolta dagli altri, dalle loro vite e mi hanno cambiata, lentamente, in modo impercettibile.

Il cuore si è alleggerito dalle cose superflue e precostruite e si è arricchito di felicità, di semplicità. Non sono i ragazzi a avere bisogno di noi, della nostra presenza, del nostro aiuto, ma siamo noi a avere bisogno di loro, della loro spensieratezza e purezza.

Me ne accorgo solo ora, che il mio percorso sta per finire, che tutto aveva un senso, che tutto era legato da un filo e che ora questo filo fa parte di me, è ancorato e credo che non si staccherà più.

Condividi su: