Scritto da Diego Catalano

Eccomi arrivato in Honduras, forse non avevo ancora realizzato dove stavo andando, cosa avrei trovato e cosa avrei dovuto fare. Erano domande che mi ero fatto anche a Marzo prima di partire e seguire tutta la carovana del 30°.

Il mio ruolo uscì man mano che proseguivo nei giorni e la stessa dinamica la riscontro anche qui, man mano che i giorni passano si vedono i risultati.

Quello che mi colpisce è ritrovare ciò che Don Antonio cerca di trasmetterci: precarietà, fatica, costanza, amore, realtà, che durante la carovana ho vissuto per pochi giorni con ogni gruppo, con ogni casa. Qui, invece, è realtà giornaliera e di vita e nonostante tutto si vive col sorriso e determinazione. La casa è rispettata come se fosse la propria, nulla è dovuto, si rispettano tutte le persone che stanno dedicato la propria vita a questa idea, a questo progetto: è sorprendente.

Per la prima volta mi sono sentito di partire come ESF e non portare con me solo il titolo di referenza, ma applicare il suo reale significato e funzione.

Noi ci stiamo sporcando le mani con loro, sudiamo con loro, fatichiamo e non usiamo nessun tipo di confort ed espedienti e non per fare i gradassi ma perché ci ha permesso di instaurare un rapporto di fiducia e condivisione e riuscire all’improvviso a creare quell’atmosfera in cui è chiaro il senso del nostro viaggio qui, in questo “paraiso” lontano, differente dalle nostre città, dove ci sentiamo piccolissimi. Sono istanti, e  la fiducia che stiamo costruendo insieme, permette a noi e loro un’apertura, permette ad entrambi di dare il via al “racconto…”. Qui, dove “duro” devi esserlo dalla nascita.

Non importa, dove abbiamo vissuto e che vita abbiamo percorso; importa solo il qui e ora, questo passaggio di vita è in condivisione, viviamolo assieme.

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