Scritto da Michela Chiofi

Domenica 29 Aprile 2012

IO = NOI

E con in testa quella canzone che è stata compagnia e compagna di questa nostra esperienza, siamo noi a  dare inizio all’ultimo giorno di cammino.
Caminherio voce sabe.. La sveglia suona alle 6; tuttavia il gruppo c’è e arrotolando il sacco a pelo, facendo la fila per il bagno, cercando di fare entrare tutto in uno zaino che sembra più piccolo di quando si è partiti, si augura un Buon nuovo giorno a chi arrotola, fa la fila e litiga con lo zaino insieme a te.
Nao existe o camino.. Camminando camminando si comunica con chi si incontra per la strada, con chi in quel momento ha il tuo stesso passo. È la persona che ti voleva far dormire sulla sua stuoia, quella che ti dice : “La vuoi un po’ di crema dato che hai le spalle molto rosse?” ed è la persona che ti sta raccontando chi è e tu lo puoi vedere, ti sta raccontando delle sue partenze e dei suoi ritorni quotidiani. Le persone con cui, un po’ di passi più in là, canterai e che vedrai stare bene. E ti vedrai stare bene. E allora Musica, compagni! E mi stupisco ancora di quanto, molte volte, sia davvero facile incontrarsi.
Passo passo, pouco pouco..  “Noi uomini e donne maturiamo quando il corpo e lo spirito occupano lo stesso spazio, diventano sintesi l’uno dell’altra”, dice Don Antonio. “Ognuno può cambiare il mondo nel suo quotidiano, rimanendo quello che è”. Ci fa sorridere Don Antonio. “Il binomio parole-fatti è magico e cambiando noi stessi, credendoci, si crea un campo magnetico intorno a noi che cambia anche gli altri”. Ci fa annuire Don Antonio. “È grande ciò che è piccolo. Sono le piccole cose a creare quelle grandi”. Grazie Don. Siamo qui.
O caminho se fax.. Noi gruppo, in gruppo, cantiamo la canzone del nostro “caminho” e, in quel preciso momento, l’Honduras, il Madagascar, L’india, il Ruanda ed il Brasile non sembrano poi così lontani tra di loro. “Ciao, ci vediamo a Giugno durante la formazione a Milano!”, dissero le persone che si erano incontrate lungo la strada e che avevano cantato insieme. E sulla via di casa, pensierosi, stanchi, sognatori, gli educatori senza frontiere romani pensarono ad alta voce che era stato bello davvero. E si sentii nella macchina un piccolo e grande “Si”. Loro, a differenza degli zaini, erano un po’ più grandi di come erano partiti.

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